A due secoli esatti dalla loro realizzazione, sollecitato dall’avvicinarsi dell’anno santo del 1950 e dal concorso in atto per le porte maggiori in bronzo della basilica, monsignor Ludovico Kaas, segretario economo della Fabbrica di San Pietro, decise di commissionare due nuovi battenti in metallo per la porta santa. I battenti furono offerti dal vescovo di Basilea-Lugano, Franziskus von Streng, a testimonianza della gratitudine del popolo svizzero per essere stato risparmiato dagli orrori della guerra, come è anche ricordato nella dedica incisa nel retro dell’ultimo pannello della porta. In piena fase di concorso per le porte di bronzo della basilica, monsignor Kaas decise di affidare per incarico diretto la realizzazione dei due nuovi battenti in bronzo per la porta santa allo scultore senese Vico Consorti, uno degli artisti iscritti al concorso per le porte maggiori della basilica vaticana. Nato a Semproniano, un paese tra l’Amiata e la Maremma, il 29 luglio 1902, Ludovico Consorti seguì dapprima gli studi classici per poi frequentare l’Accademia delle belle arti di Siena. Nel biennio 1926-1927 studiò a Roma sotto la guida di Giuseppe Romagnoli, e fu proprio quest’esperienza che permise a Consorti di sviluppare una propria autonoma capacità espressiva, lavorando otto ore al giorno in modellazioni ed elaborati non più grandi di 40 centimetri. Negli anni seguenti, rimasto a Roma, lavorò alla decorazione di numerosi edifici pubblici e privati, maturando un’esperienza in opere sempre più monumentali. «Fisso nel suo ideale di un’arte intesa come fede grande pura e illimitata, ancorata a una architettura morale sottile e tersa, Ludovico Consorti amava però tornare continuamente nella sua terra natale dalla quale trarre forza e ispirazione per le sue opere» (Angela Cipriani, L’Uomo - La Porta Santa - L’Artista).
Consorti si era distinto nella prima fase di concorso per le porte della basilica vaticana in quanto aveva presentato una composizione ben equilibrata e caratterizzata da un fine senso decorativo. Al contrario della maggior parte dei concorrenti, aveva concepito e composto la sua porta in maniera molto semplice, in quanto era stata sua intenzione che la porta centrale del Filarete rimanesse sempre la più importante e non fosse disturbata minimamente dalle due laterali. Gli elaborati che Consorti aveva presentato al concorso (un disegno della porta; un modello della stessa in creta; una formella con san Gregorio Magno e un particolare della formella, ovvero la testa del Pontefice) ricevettero particolare consenso da parte dei critici d’arte e del pubblico, tanto da risultare uno dei pochi artisti contro i quali non erano stati manifestati giudizi negativi. Lo stile sapientemente classico, facilmente leggibile e più consono al sacro manifestato da Consorti nella prova di concorso, venne con tutta probabilità considerato da monsignor Kaas e dai suoi consiglieri particolarmente adatto allo stile, alla sacralità e alla solennità della basilica vaticana. Inoltre, e non è certo un aspetto secondario, Consorti aveva realizzato per il conte Guido Chigi Saracini, come ringraziamento per la liberazione della città dai tedeschi, la porta della riconoscenza per il duomo di Siena, inaugurata il 16 agosto 1946. Aver realizzato soltanto tre anni prima una porta in bronzo per una chiesa dal così alto valore artistico, certamente lo avrebbe potuto facilitare nella soluzione dei tanti difficili problemi sia di natura artistica che tecnica che un lavoro così importante e da eseguire in soli undici mesi richiedeva.
Il contratto per la porta della basilica vaticana risale al 10 marzo del 1949. Soltanto tre giorni dopo aver ricevuto ufficialmente l’incarico, Consorti scrisse una lettera a monsignor Kaas nella quale esprimeva la sua gratitudine per una così importante commissione, ma anche il proprio ringraziamento per avergli procurato una «schietta gioia» condivisa con la sua famiglia.La scelta del tema della porta e degli episodi da raffigurare nelle singole formelle fu dettata da Kaas, ispirato dalle espressioni suggerite da Pio XII nella sua preghiera: «Concedimi, o Signore, che questo Anno Santo sia l’anno del gran ritorno e del gran perdono», e supportato certamente anche da alcuni consiglieri, primo fra tutti monsignor Wynen e anche, soprattutto negli aspetti più tecnici, dall’ingegner Francesco Vacchini. Lo sviluppo figurativo fu lasciato invece all’ispirazione artistica di Consorti, che per la raffigurazione e la composizione delle scene fu guidato da un teologo, Manlio Savelli. Il risultato fu una porta densa di iconografia, carica di immagini, ma nel contempo ben equilibrata e robusta nella sua antica struttura. Nell’insieme quindi una porta antica con un arricchimento iconografico: pannelli grandi e piccoli, e le borchie riprese dalla vecchia porta.
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