La preghiera del Papa da solo in piazza San Pietro
Francesco sul sagrato della Basilica vaticana concede l’indulgenza plenaria. «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città. Signore, benedici il mondo»
Coronavirus, la benedizione di papa Francesco nella piazza San Pietro deserta
CITTÀ DEL VATICANO. Da settimane sembra «che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città». Il buio si è impadronito «delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante». Ci si è «ritrovati impauriti e smarriti». Ma anche «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, fragili e disorientati», allo stesso tempo «importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme». Ecco che papa Francesco, da solo in una piazza San Pietro deserta, fredda e piovosa, implora Dio di «non lasciarci in balia della tempesta». In questa preghiera speciale voluta per invocare la fine della pandemia, il Pontefice chiede al Signore di «benedire il mondo». Sul sagrato della Basilica presiede in mondovisione un «momento straordinario», dà la benedizione Urbi et Orbi (quella di Natale e Pasqua) e concede l’indulgenza plenaria. Scene e immagini che sono subito storia.
Il Vescovo di Roma arriva in San Pietro dove, nei pressi del cancello centrale della Basilica vaticana, sono collocati l'immagine della Salus Populi Romani e il Crocifisso «miracoloso» di San Marcello, che nel 1552 fu portato in processione per i quartieri di Roma perché finisse la «Grande Peste».
Il silenzio è assordante. La voce del Papa ha come sottofondo solo il battere della pioggia e il verso dei gabbiani.
Francesco, visibilmente commosso e affaticato per la salita sugli scalini, esordisce rivolgendosi a «Dio onnipotente e misericordioso», affinché guardi «la nostra dolorosa condizione: conforta i tuoi figli e apri i nostri cuori alla speranza, perché sentiamo in mezzo a noi la tua presenza di Padre».
Il mondo è chiamato a dare «un significato» a questo tempo così difficile riscoprendo nuovi spazi per la solidarietà, afferma il Pontefice. Per Bergoglio, «il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Abbracciare la sua croce - sottolinea - significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà».
Coronavirus, la preghiera del Papa: "Siamo fragili, ci possiamo salvare solo insieme"
La «tempesta» che si è abbattuta sull’umanità «smaschera la nostra vulnerabilità - evidenzia - e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l'anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell'immunità necessaria per far fronte all'avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine»; ed è rimasta «scoperta, ancora una volta, quella benedetta appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l'appartenenza come fratelli».
L'emergenza attuale può essere l'occasione di «reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri», sostiene indicando i «tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. Le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni, solitamente dimenticate, che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell'ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia»: soni «medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell'ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo».
Da settimane sembra «che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante» e così «ci siamo ritrovati impauriti e smarriti, presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa». Osserva il Papa: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme».
Francesco «implora» Dio: ora, mentre «stiamo in mare agitato, ti imploriamo: Svegliati Signore! Non lasciarci in balia della tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta».
Dopo l’omelia, nelle invocazioni si prega per «l’umanità, atterrita dalla paura e dall'angoscia, gli ammalati e i moribondi, oppressi dalla solitudine, i medici e gli operatori sanitari, stremati dalla fatica, i politici e gli amministratori, che portano il peso delle scelte».
https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2020/03/27/news/la-preghiera-del-papa-da-solo-in-san-pietro-ti-imploriamo-dio-non-lasciarci-in-balia-della-tempesta-1.38645845
venerdì 27 marzo 2020
lunedì 16 marzo 2020
Francesco prega per il mondo invaso dalla pandemia
Francesco è uscito dal Vaticano e ha venerato la Salus populi Romani a Santa Maria Maggiore.
Poi, a San Marcello al Corso, ha pregato davanti al crocifisso che salvò Roma dalla peste
Poi, a San Marcello al Corso, ha pregato davanti al crocifisso che salvò Roma dalla peste
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